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Rotondi (Fi): “Berlinguer e Almirante, due leader civili. De Gasperi padre della patria. Renzi oggi sarebbe a Piazza del Gesù”

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gianfranco rotondi 1Associa Berlinguer ad Almirante per levatura politica e un fair play che oggi non c’è più. Nella conversazione con Intelligonews Gianfranco Rotondi, parlamentare di Fi e premier del governo-ombra al governo Renzi, allarga l’analisi a De Gasperi e all’eredità politica che il centrodestra non ha saputo raccogliere e interpretare. A cominciare da Fi perchè svela il “consiglio” dato a Berlusconi ma rimasto inascoltato. E su Renzi ha una “chicca”…

Nel giorno della commemorazione di Berlinguer lei che ricordo ne conserva?

«Non l’ho conosciuto, però l’ho ascoltato più volte. Ho studiato al liceo di Avellino e Avellino era una tappa politica importante a quel tempo. Era la città più democristiana d’Italia e per un leader comunista il comizio a piazza Matteotti ad Avellino era una tappa d’obbligo: ci sono passati tutti e Berlinguer di più. Era sempre un avvenimento e chi aveva passione politica, difficilmente si privava della possibilità di ascoltare Berlinguer, così come Almirante».

Perché associa Berlinguer e Almirante?
«Li associo perché sono due personaggi che riassumono un’epoca di contrapposizioni più assolute rispetto ad oggi. Fascismo e comunismo era mondi opposti e non mediabili; però il confronto era molto più civile di oggi e al funerale di Berlinguer si mise in fila Almirante».

Visto che li associa, qual è l’eredità politica di entrambi che la politica di oggi dovrebbe tenere in considerazione?
«Come avrà capito dalle mie scelte successive, ho ascoltato più discorsi di Almirante che di Berlinguer. Personalmente, ritengo che Almirante avesse una teatralità che a Berlinguer mancava. Almirante era un grande attore; Berlinguer era altrettanto carismatico ma trasmetteva un’autorevolezza. Diciamo che osservandolo, tu capivi che la questione morale era una dimensione della sua esistenza, era lui stesso, era la sua stessa vita. Lo osservavi e capivi che era una persona che testimoniava le cose che chiedeva. Perfino quel suo tentativo di completare il discorso chiedendo minuti al malore, era una forma estrema di moralità».

Guardando al centrodestra, quanto manca oggi un De Gasperi? E chi potrebbe in qualche modo rappresentarne l’erede ideale?
«Se c’è, lo racconterà la storia tra trent’anni, perché nella cronaca di quegli anni anche De Gasperi fu trascinato in tribunale dal direttore de Il Candido, Guareschi. De Gasperi dichiarava: ma che razza di paese è questo che trascina in tribunale colui che l’ha salvato dal disastro? ».

Ma dell’insegnamento politico di De Gasperi oggi al centrodestra cosa è rimasto?
«Non essendoci più un partito che rivendica l’eredità della Democrazia Cristiana, di conseguenza non c’è nessuno che rivendica l’eredità di De Gasperi e in un certo senso De Gasperi appartiene a tutti. Per certi aspetti, è il padre della patria, non di un partito che non c’è più. De Gasperi è già nella galleria dei ritratti, accanto a Cavour e a coloro che hanno fatto l’Italia ma oggi nessuno li annovera nel Pantheon del proprio partito».

E’ stato un errore di Berlusconi?
«E’ stato un errore storico di Forza Italia, non c’è niente da fare. Come dicevo a Berlusconi qualche giorno fa, o Forza Italia rifaceva la Democrazia Cristiana oppure se la trovava fatta contro: è accaduta la seconda cosa».

Scusi, Berlusconi cosa le ha risposto?
«La mia prassi è che io non faccio mai il portavoce altrui, men che meno di Berlusconi. Mi limito a dire ciò che io ho detto a lui. Fin dall’inizio a Berlusconi avevo suggerito un’altra strada».

Quale?
«Al posto suo avrei detto: cara Italia democristiana, i capi del partito di sono sbandati; io ho salvato la baracca perchè ho lasciato i comunisti all’opposizione: se permettete, continuo io. Avrei affittato la sede di Piazza del Gesù che io gli avevo messo a disposizione – confesso anche per sgravarmi di un affitto importante -, mi sarei insediato nel palazzo dove nell’androne una lapida ricorda che qui De Gasperi gettò le basi per la ricostruzione dell’Italia. In fondo, a piedi sono quaranta secondi di orologio dal portone di via del Plebiscito. Poi avrei fatto di Piazza del Gesù lo spot ineguagliabile: passato il collettivo democristiano, c’è questa Dc in forma carismatica. Del resto, Pomicino diceva che la Dc era un ‘supermercato’ e quindi sarebbe stato coerente affidarla al padrone della Standa».

Se fosse andata così, cosa sarebbe successo?
«Saremo fissi al 30 per cento da vent’anni e oggi Silvio sarebbe al Quirinale».

E Renzi dove sarebbe a quest’ora?
«A Piazza del Gesù, ma che domanda… Renzi è un ragazzo democristiano arrivato in politica con Mamma Dc defunta; quindi è andato prima coi Popolari, poi con la Margherita, poi si è fatto largo nel Pd ma se ci fosse stata ancora casa sua, sarebbe rimasto lì ed essendo più bravo, oggi la guiderebbe».

Insomma, lei proprio non lo vede un De Gasperi dei giorni nostri o dei giorni che verranno?
«Se ce n’è qualcuno in mezzo a noi, ce lo dirà la storia tra trent’anni. Speriamo di campare per vederlo…».

Un Berlusconi o un Renzi, fra cent’anni, mancheranno alla politica?
«Non faremmo in tempo a vederlo, perché Berlusconi ci sopravviverà; Renzi non lo so…».


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